Sanguine. Luc Tuymans on Baroque
Fondazione Prada / 18 ottobre 2018 – 25 febbraio 2019
A cura di Luc Tuymans

Organizzato in collaborazione con M HKA (Museo d’arte contemporanea di Anversa), KMSKA (Museo reale di belle arti di Anversa) e la città di Anversa, il progetto è proposto in una nuova e più ampia versione a Milano, dopo una prima presentazione nella città belga da giugno e settembre 2018. Tuymans ha concepito un’intensa esperienza visiva composta da più di 80 opere realizzate da 63 artisti internazionali, di cui oltre 25 sono presentate esclusivamente alla Fondazione Prada.

“Sanguine” è una lettura personale del Barocco, costituita da accostamenti inediti e associazioni inaspettate tra lavori di artisti contemporanei e opere di maestri del passato. Senza seguire un rigido ordine cronologico o un criterio strettamente storiografico, Tuymans elude la nozione tradizionale di Barocco e invita a rileggere l’arte seicentesca, ma anche quella contemporanea, mettendone al centro la figura dell’artista e il suo ruolo nella società.

Il titolo della mostra – una parola che identifica il colore del sangue, il temperamento violento e ricco di vitalità di una persona, ma anche una tecnica pittorica – suggerisce una molteplicità di prospettive attraverso le quali si possono interpretare le opere esposte in cui convivono violenza e simulazione, crudeltà e teatralizzazione, realismo ed esagerazione, disgusto e meraviglia, terrore ed estasi.

Data la vastità della mostra ho selezionato alcune delle opere che mi hanno maggiormente colpita, grazie alle quali traccerò un personale percorso all’interno della rassegna.

Luc Tuymans, The Worshipper, 2001.

L’opera nasce dalla foto di una bambola del Museo del Carnevale e Maschere in Belgio e si trasforma in un sacerdote ortodosso, nel riferimento a un possibile fanatismo religioso.
Luc Tuymans, classe 1958, è uno degli artisti viventi più influenti che per il suo ‘bisogno di stare a contatto con i colleghi e di essere in grado di trovare un senso alle situazioni’ esercita spesso e volentieri il ruolo di curatore. Splendido esempio ne è la mostra in oggetto.
Nell’opera di Tuymans artista, dietro immagini semplici e leggermente sfuocate, si nascondono storie inquietanti e dolorose.

 

Tra le sue opere la natura morta più grande della storia dell’arte (più di 3mtx5) esposta a Documenta 11 (Kassel, 09/2002) Essendo il primo anniversario dell’11 settembre la rassegna era contraddistinta da opere politicamente e socialmente impegnate.  Il pittore si presenta invece con la sua gigantesca natura morta, un tentativo di sublimazione, un modo per sostituire la violenza di certe immagini con una serie d’oggetti atti a evocare diverse sensazioni.

Facendo un balzo alla seconda sala del percorso incontriamo tre sculture di Nadia Naveau, classe 1975.

In queste opere il riferimento al passato avviene per frammenti, ai quali vengono aggiunti nuovi elementi.

Un eccesso ornamentale che verte a un’estetica dal sapore pop, ai confini del kitsch. E’ proprio grazie a questo eccesso di ‘fronzoli’, anche se in contrasto con l’assenza di colore (se non per una nota di blu), che le opere perfettamente sposano l’idea di un nuovo Barocco.
Procedendo poi nel percorso di mostra un cambio di piano, di colori e di atmosfera non può non travolgere l’avventore che si troverà a scoprire, celato da un pesante sipario, una sala dalle pareti fumée, sapientemente e scenograficamente allestita.

Le numerose teche che compongono l’opera Fucking Hell (2008) di Jake e Dinos Chapman, offrono un’aspetto grottesco del terrore, incarnato da 60mila soldatini giocattolo che praticano o subiscono violenza .

Alle pareti diverse opere bidimensionali, un’installazione e una proiezione video.

La presenza di Caravaggio Ragazzo morso da un ramarro‘ 1595/1596 è la perfetta celebrazione delle atmosfere narrate dal percorso di mostra sin’ora svolto.

A fare, a mio avviso, da perfetto trait d’union tra il classico e il contemporaneo è l’opera Bevoets, di De Gezegende Nederlaag, 1971.
Parte di una serie realizzata negli anni ’70, che l’autore definisce spaghetti paintings, la caotica abbondanza di elementi ben lega idealmente al barocco. In uno stile erede di Cobra e della sensibilità fauve, l’artista compone universi in cui il gioco bidimensionale sulla profondità e la prospettiva prende le forme di un delirio visivo psicotico.






Terminata la visita di questo ambiente un’altra scalinata, a scendere,lascia scorgere quella che sarà una nuova intensa esperienza.
Appena terminata la rampa una luce naturale, filtrata dalle grandi vetrate che sostituiscono le pareti, pervade lo spazio e le opere esposte.

 

Ad accoglierci è l’installazione di DeBruyckereIn Flandres Fields, 2000.

 

Le figure dei cavalli, a grandezza naturale, ricoperti di pelle equina, inquietanti nell’assenza di occhi, naso e bocca, sono brutalmente esposte all’ occhio voyeuristico dello spettatore.   I tratti iconizzanti di questi corpi si manifestano come massa plastica di una forma dislocata, spesso rovesciata ed asimmetrica.
Il grande ambiente a vetrate raccoglie, al suo interno, una struttura minore e buia nella quale non mancano i colpi di scena.

Arocha Schraenen nell’opera di specchi CircaTrabat, 2007, propongono una visione riflessa e frammentata dello spazio espositivo. Una ridondanza di riflessi invece che di forma, restando sul tema Barocco. Sullo sfondo due MaterDolorosa di Pinsel (1858) creano un legame dialogico che incanta il visitatore che, probabilmente rapito dal forte impatto visivo di queste opere, noterà solo in un secondo momento di trovarsi dinnanzi ad un’altra, celebrissima, opera di CaravaggioDavide con la testa di Golia (post 1606)

È pur vero che Walter Benjamin, dall’alto del suo pensiero, ci aveva avvertiti per tempo.

È il barocco che segna l’inizio della modernità, sosteneva tra altre cose nel saggio Il dramma barocco tedesco del 1926, dove aveva visto bene come la fonte d’ispirazione dell’arte contemporanea dei primi decenni del Novecento arrivava dall’impulso di contestazione dell’armonia classicistica e della compostezza formale che si era imposta nel secolo precedente.

Del resto, Benjamin conosceva bene anche la musica classica e sicuramente ascoltava Georg Friedrich Händel per cui è stato proprio un peccato che non abbia fatto in tempo ad ascoltare Jimi Hendrix che gli avrebbe dato più che ragione visto che il rock del cantautore chitarrista era intriso di trascrizioni degli accordi barocchi del “grande Sassone” del Settecento.

Tutta questa tematica si svela come attraverso uno squarcio aperto da questa mostra che, dicono i responsabili della fondazione «non solo forza i confini abituali della nozione stessa di Barocco, estendendone la durata fino al nostro presente, ma dimostra anche come gli artisti abbiano contribuito, nel corso degli ultimi due secoli, a ridefinirla, dall’accezione negativa attribuita dalla critica d’arte del tardo Settecento, fino alla rivalutazione attuata dal pensiero post-moderno e alla riaffermazione di un’espressività barocca e figurativa nell’arte degli ultimi anni.